IL MIO PINOCCHIO
Versione teatrale e adattamento
di Pino Caruso
Palermo 14 ottobre 2012
PINOCCHIO È UNA TRAGEDIA
Avendo letto Pinocchio da bambino, ed essendone rimasto dolorosamente colpito sino a piangere - mi sono convinto che Pinocchio incarna la tragedia dell’esistenza, cioè il disagio di vivere degli uomini. Pinocchio, come tutti, non sa né chi sia né da dove viene (non ha madre).
Pinocchio vive le sue esperienze, incontrando inganni, disinganni, disavventure, illusioni, imbroglioni ecc.. Insomma tutto quello che capita nella vita. In questa storia la fata turchina rappresenta Dio; quando Pinocchio la invoca ‘Fatina! Fatina mia!’ è un po’ come quando, nei momenti di difficoltà, diciamo ‘Dio mio aiutami!’.
E il Grillo Parlante è la sua coscienza.
C’è momento della vicenda in cui Pinocchio preferisce non studiare per andare a visitare il Paese dei balocchi; circostanza che può anche leggersi come un modo per spiegare ai bimbi che non studiando si finisce male; ma questa è forse l’intenzione iniziale di Carlo Collodi, io ci vedo qualcosa di più: una tragedia grande e significativa dell’avventura dell’uomo su questa terra, in questa dimensione.
Pinocchio è stato scritta nel 1881 ed è un capolavoro assoluto della letteratura italiana, certamente il più conosciuto in tutto il mondo; e la ragione è, appunto, perché si tratta di qualcosa di più della semplice favola. Quando Pinocchio e Lucignolo diventano asini, è come quando l’uomo si comporta come una bestia, anzi, per dirla tutta l’uomo è peggiore delle bestie, perché esse non hanno consapevolezza, mentre l’uomo sì, quindi se commette delle cattiverie, di queste è molto più responsabile. Qui il fatto che Pinocchio e Lucignolo divengano ciuchi sta a indicare l’uomo che degrada se stesso fino agli estremi della disumanità, quando, insomma, diviene mostro. Pinocchio riesce a riscattarsi dalla sua bestialità perché, correndo a cercare e a salvare il padre, riguadagna la sua umanità; mentre Lucignolo rimane asino e muore tra le braccia di Pinocchio dentro una pelle da asino; tutto questo non può che essere una tragedia, e non una semplice favola per i più piccoli. Anzi, ritengo che sia controindicata per i minori, li spaventa, li atterrisce. E lo so non per sentito dire: a me Pinocchio mi metteva spavento e la notte mi dava gli incubi.
Persino il lieto fine, in Pinocchio, lieto del tutto non è; anzi lo definirei decisamente drammatico: la mutazione da burattino a bambino vero, non è altro che il passaggio dalla vita alla morte o, se si preferisce, alla vita eterna.
Pinocchio muore sì burattino, ma non per diventare bimbo in carne ed ossa, bensì per farsi angelo del Paradiso, dove si ritrova con la fatina (che è il Soprannaturale) e con il padre (morto di vecchiaia), e da dove, guardando in basso la terra, vi scorge il suo cadavere: e cioè, un burattino di legno che giace disarticolato al centro della scena. In altre parole: Pinocchio riscatta la sua natura bestiale (il peccato originale?) con comportamenti virtuosi e, da burattino, si fa uomo, che, morendo, diventa spirito, e spirito eletto
La struttura favolistica del racconto è data per creare e usare quei simboli che rappresentino l’esistenza in sé, la realtà del vivere umano. E che Collodi abbia voluto dir questo o no, è irrilevante. Il fatto è che lo ha detto;
Io sono, per mia natura, uno scrittore che fa anche l’attore e il regista. Attività, o meglio diversità, che, tuttavia, hanno in comune la stessa materia prima: le parole; e richiedono tutte preparazione solida e cura costante. La scrittura, in specie, è la cosa più seria, più semplice e, insieme, più complicata che ci sia; più della pittura, poiché ci può essere un pittore ignorante, naif, come fu ad esempio Ligabue, che fece comunque grandi quadri; più seria anche della musica, poiché un musicista può anche essere precoce suonando il piano in maniera formidabile già a otto anni, ma si tratterebbe solo di un formidabile dono di natura.
Non ci potrà mai essere, invece, uno scrittore importante che abbia dieci anni, il che vuol dire che la scrittura prevede lunga preparazione.
PINOCCHIO
ATTO PRIMO
Sulla scena, a sipario aperto, al centro del palcoscenico, in prossimità del buco, un grosso tronco d’albero sotto una luce che lo evidenzia. MUSICA. Entra la voce del narratore.
NARRATORE F: C’era una volta... “Un re!” dirà subito qualcuno. No, sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze. Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome Mastr’Antonio, se non che tutti lo chiamavano Mastro Ciliegia
Entra mastro Ciliegia
per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura. Appena Mastro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto; e dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:
MASTRO CILIEGIA! Questo legno è capitato a tempo; voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.
Prende l’ascia per dare la prima asciata,
VOCE PINOCCHIO Non mi picchiare tanto forte!
Mastro Ciliegia si guarda attorno, ma non vede nessuno.
MASTRO CILIEGIA! Ho capito; si vede che quella vocina me la son figurata io. Rimettiamoci a lavorare.
Riprende l’ascia in mano, tira giù un colpo sul pezzo di legno.
VOCE PINOCCHIO Ohi! tu m’hai fatto male!
MASTRO CILIEGIA! Ma di dove sarà uscita questa vocina-.. Eppure qui non c’è anima viva. Che sia per caso questo pezzo di legno che abbia imparato a piangere e a lamentarsi come un bambino? Io non lo posso credere. Questo legno eccolo qui; è un pezzo di legno da caminetto, come tutti gli altri, e a buttarlo sul fuoco, c’è da far bollire una pentola di fagioli... O dunque? Che ci sia nascosto dentro qualcuno? Se c’è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui. Ora l’accomodo io!
Sbatacchia il legno. Ascolta. Nessuna vocina.
MASTRO CILIEGIA! Ho capito; si vede che quella vocina che ha detto ohi, me la son figurata io! Rimettiamoci a lavorare.
Pialla il legno.
VOCE PINOCCHIO Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!
Mastro Ciliegia cade a terra, mezzo svenuto
MASTRO CILIEGIA! (da terra, spaventato) Ma chi è? Chi è che parla?
Bussano alla porta.
MASTRO CILIEGIA Avanti.
Entra Mastro Geppetto
MASTRO GEPPETTO Buon giorno, mastro Antonio, che cosa fate costì?
MASTRO CILIEGIA Insegno l’alfabeto alle formiche.
MASTRO GEPPETTO Buon pro vi faccia.
MASTRO CILIEGIA (alzandosi) Cosa vi porta da me, compare Geppetto?
MASTRO GEPPETTO Le gambe. Sappiate, mastr’Antonio, che son venuto da voi, per chiedervi un favore.
MASTRO CILIEGIA Eccomi qui, pronto a servirvi,
MASTRO GEPPETTO Stamani m’è piovuta nel cervello un’idea.
MASTRO CILIEGIA
Sentiamola.
MASTRO GEPPETTO Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno: ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino: che ve ne pare?
VOCE PINOCCHIO Bravo Polendina!
MASTRO GEPPETTO Perché mi chiamate Polendina? Mi offendete. Lo sapete che non sopporto che si faccia allusione alla mia parrucca color della polenta.
MASTRO CILIEGIA Ma io non ho parlato.
MASTRO GEPPETTO Mi avete detto Polendina!...
MASTRO CILIEGIA Non sono stato io.
MASTRO GEPPETTO Sta’ un po’ a vedere che sarò stato io!
MASTRO CILIEGIA Non lo so, ma io non sono stato .
MASTRO GEPPETO Vi dico che siete stato voi-
MASTRO CILIEGIA E io vi ridico che non sono stato io.
I due si azzuffano. Alla fine, ciascuno ha in bocca la parrucca dell’altro
MASTRO CILIEGIA Rendimi la mia parrucca!
MASTRO GEPPETTO E tu rendimi la mia, e rifacciamo la pace.
MASTRO CILIEGIA Rifacciamo la pace.
Si stringono la mano
MASTRO CILIEGIA Allora, compare Geppetto, qual è il piacere che volete da me?
MASTRO GEPPETTO Vorrei un po’ di legno per fabbricare il mio burattino; me lo date?
MASTRO CILIEGIA Quando si dice la combinazione, mastro Geppetto! Ci ho proprio un bel pezzo di legno sottomano.
Mastro Ciliegia lo prende e glielo dà, ma nel darglielo, il legno, come se si muovesse da solo, gli sfugge di mano e cade sul piede di Geppetto.
MASTRO GEPPETTO Ma che garbo è questo?! Ce l’avete sottomano, ma me lo date sopra il piede, e m’avete quasi azzoppato.
MASTRO CILIEGIA Vi giuro che non sono stato io!
MASTRO GEPPETTO Allora sarò stato io!...
MASTRO CILIEGIA La colpa è tutta di questo legno.
MASTRO GEPPETTO
Lo so che è del legno: ma siete voi che me l’avete tirato nelle gambe!
MASTRO CILIEGIA
Io non ve l’ho tirato!
MASTRO GEPPETTO
Bugiardo!
MASTRO CILIEGIA
Geppetto non mi offendete; se no vi chiamo Polendina!
MASTRO GEPPETTO
A me Polendina!
I due si riazzuffano Dopo un po’, stanchi si fermano.
MASTRO CILIEGIA
Rifacciamo la pace.
MASRTRO GEPPETTO
Rifacciamo la pace.
MASTRO CILIEGIA
Il legno è vostro. Buon lavoro.
Geppetto si carica del pezzo di legna e fa per uscire.
MASTRO GEPPETTO
Grazie; mastro Ciliegia. Amici più di prima.
MASTRO CILIGIA
(sulla porta) Più di prima.
Mastro Ciliegia esce
Buio
MUSICA allegra
NARRATORE
Geppetto, preso il suo pezzo di legno, se ne tornò a casa, tutto felice e contento
Casa Geppetto
MASTRO GEPPETTO
Che nome gli metterò? Pinocchio. È un nome che gli porterà fortuna. Lo chiamerò Pinocchio. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina.
Mastro Geppetto lavora e lavora.
MASTRO GEPPETTO
(al legno-burattino) Mi sbaglio o mi sta guardando? No,mi sbaglio.
Non fa a tempo a dirlo, che dal buco viene fuori una mano che gli tira la parrucca dalle testa.
MASTRO GEPPETTO
Dammi la mia parrucca. (se la riprende) Birba d’un figliuolo! Non sei ancora finito di fare, e già cominci a mancar di rispetto a tuo padre! (non fa a tempo a dirlo, che Pinocchio gli dà un calcio su una gamba). AhI? Ahi! Ma come io ti faccio i piedi e tu li usi per darmi un calcio! Male, ragazzo mio, male! Pazienza! Coi figli ci vuole pazienza,
Dà gli ultimi tocchi al burattino,
MASTRO GEPPETTO
Oooh! Eccoti qua bell’ e finito. Ora ragazzo mio, ti insegno a camminare.
Non fa a tempo a dirlo, che Pinocchio scappa e corre per la stanza.
MASTRO GEPPETTO
Dove vai Pinocchio? Fermati! Fermati! Se ti acchiappo, vedrai!
Appaiono due carabinieri. Pinocchio correndo va a sbattergli contro.
CARABINIERE UNO
(a Geppetto) Che volete fare a questo povero ragazzo?
CARABINIERE DUE
Lo volete picchiare?
CARABINIERE UNO
Non sapete che è proibito?
CARABINIERE DUE
Venite con noi in prigione.
CARABINIERE UNO
(a Pinocchio) E tu fila a casa!
MASTRO GEPPETTO
(andando via col carabiniere) Sciagurato figliuolo! E pensare che ho penato tanto a farlo un bel burattino! Ma mi sta bene! Dovevo pensarci prima!... Ormai è tardi
Casa Geppetto
GRILLO
Crí-crí-crí!
PINOCCHIO
Chi è che mi chiama?
GRILLO
Sono io!
PINOCCHIO
Tu? E tu chi sei?
GRILLO
Io sono il Grillo parlante, e abito in questa stanza da più di cent’anni.
PINOCCHIO
Oggi però questa stanza è mia e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.
GRILLO
Io non me ne andrò di qui, se prima non ti avrò detto una gran verità.
PINOCCHIO
Dimmela e spicciati.
GRILLO
Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori. E che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo. E prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
PINOCCHIO
Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà a studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia, e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.
GRILLO
Povero grullo! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro, e che tutti si piglieranno gioco di te?
PINOCCHIO
Stai zitto, grillaccio del mal’augurio!
GRILLO
E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?
PINOCCHIO
Vuoi che te lo dica? Fra i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo che veramente mi vada a genio.
GRILLO
E questo mestiere sarebbe?
PINOCCHIO
Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.
GRILLO
Per tua regola, tutti quelli che fanno codesto mestiere, finiscono quasi sempre allo spedale o in prigione.
PINOCCHIO
Bada, Grillaccio del malaugurio!... se mi fai arrabbiare, guai a te!...
GRILLO
Povero Pinocchio! mi fai proprio compassione!...
PINOCCHIO
Perché ti faccio compassione?
GRILLO
Ma perché hai la testa di legno.
A queste ultime parole, Pinocchio prende di sul banco un martello di legno, e lo scaglia, colpendolo, contro il Grillo parlante, che sprofonda nel buco
MUSICA (Mozart) effetto notte
PINOCCHIO
Ho tanto freddo. Brrrrr!
Pinocchio mette i piedi dentro il buco.
PINOCCHIO
Questo caldano forse mi riscalderà. Il Grillo parlante aveva ragione! Se non fossi scappato di casa e se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di fame e di freddo.
MUSICA. Pinocchio si appisola
Bussano alla porta
PINOCCHIO
(svegliandosi di soprassalto) Chi è?
GEPPETTO
(entrando) Sono io.
PINOCCHIO
(felice) Babbino babbino mio! …
Fa per alzarsi, per andargli incontro, ma rimane bloccato sul posto, con i piedi dentro la buca. Geppetto che l’aspettava a braccia aperte, vedendo che Pinocchio è come trattenuto
GEPPETTO
Oh che ti succede, figliolo.
PINOCCHIO
Non posso muovermi, babbo.
GEPPETTO
(andandogli incontro) Perché?
PINOCCHIO
Perché mi hanno mangiato i piedi.
GEPPETTO
Non dire bugie,che ti si allunga il naso.
PINOCCHIO
Non dico bugie, credetemi. Siccome. Avevo un gran freddo, ho messo i piedi sul caldano per riscaldarmi e me li sono bruciati. E intanto la fame l’ho sempre e i piedi non li ho più.
GEPPETTO
Va bene, ti credo. Ma non aver paura, qui c’è il tuo babbo. Intanto per la fame, ecco Tira fuori dalla tasca tre pere. Queste tre pere erano la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia.
PINOCCHIO
Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle.
GEPPETTO
Sbucciarle? Non avrei mai creduto, ragazzo mio, che tu fossi così schizzinoso. Male! In questo mondo, bisogna saper mangiar di tutto, perché non si sa mai. I casi son tanti!...
PINOCCHIO
Voi dite bene, ma io non mangerò mai una frutta che non sia sbucciata.
GEPPETTO
Santa pazienza!
Geppetto sbuccia le tre pere. Pinocchio mangia la prima e, fa l’atto di buttar via il torsolo.
GEPPETTO
Non lo buttar via: tutto in questo mondo può far comodo.
PINOCCHIO
Ma io il torsolo non lo mangio.
GEPPETTO
Non lo dire. I casi son tanti!...
Pinocchio divora le tre pere. Sbadiglia e piagnucola:
PINOCCHIO
Ho dell’altra fame!
GEPPETTO
Ma io, ragazzo mio, non ho più nulla da darti.
PINOCCHIO
Proprio nulla, nulla?
GEPPEETTO
Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera.
PINOCCHIO
Pazienza! Se non c’è altro, mangerò una buccia.
Pinocchio mangia.
PINOCCHIO
Ora sì che sto bene!
GEPPETTO
Vedi dunque che avevo ragione io quando ti dicevo che non bisogna essere né troppo sofistici né troppo delicati di palato. Caro mio, non si sa mai quel che ci può capitare in questo mondo. I casi son tanti!
PINOCCHIO
Babbino, babbino mio, mi rifai i piedi. Rivoglio i miei piedi.
GEPPETTO
E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?
PINOCCHIO
Vi prometto che da oggi in poi sarò buono.
GEPPETTO
Tutti i ragazzi quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.
PINOCCHIO
Vi prometto che andrò a scuola, studierò e mi farò onore.
GEPPETTO
Tutti i ragazzi quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.
PINOCCHIO
Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti, e dico sempre la verità. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte, e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.
GEPPETTO
E va bene!
Musichetta. Geppetto di spalle come se rifacesse i piedi a Pinocchio. Finito il lavoro, Pinocchio, salta fuori dal buco
PINOCCHIO
Grazie babbino mio. Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, voglio subito andare a scuola.
GEPPETTO
Che bravo figliuolo che mi sono costruito!
PINOCCHIO
Ma per andare a scuola ho bisogno,di un bel vestito.
GEPPETTO
Pinocchio, non è il vestito bello che fa il signore, ma è piuttosto il vestito pulito.
PINOCCHIO
Si, però per andare a scuola mi manca sempre qualcosa: mi manca il più e il meglio.
GEPPETTO
Cioè?
PINOCCHIO
Mi manca l’Abbecedario.
GEPPETTO
Hai ragione: ma come si fa per averlo?
PINOCCHIO
È facilissimo: si va da un libraio e si compra.
GEPPETTO
E i quattrini?
PINOCCHIO
Io non ce l’ho.
GEPPETTO
Nemmeno io. Ma un’idea ce l’ho. Aspettami qui.
Musichetta.
Pinocchio gironzola tutt’intorno, muovendosi in sincronia con la Musica, quasi ballando. Dopo poco Geppetto rientra: ha in mano l’Abbecedario, ma la casacca non ce l’ha più. È in maniche di camicia.
PINOCCHIO
E la casacca, babbo?
GEPPETTO
L’ho venduta.
PINOCCHIO
Perché l’avete venduta?
GEPPETTO
Perché mi faceva caldo.
PINOCCHIO
Grazie Babbino. Grazie. Ti voglio tanto bene.
GEPPETTO
Anch’io. Ma adesso, vai a scuola. E studia
Pinocchio, prende l’abbecedario sotto il braccio ed esce
PINOCCHIO
(camminando) Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani poi imparerò a scrivere, e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno. Ma che dico di panno? Gliela voglio fare tutta d’argento e d’oro, e coi bottoni di brillanti. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia... a questi freddi! Non ci sono che i babbi capaci di certi sacrifizi!
MUSICA di banda, pifferi e gran cassa
PINOCCHIO
Oh, bella! E che cosa è questa Musica? Peccato che io debba andare a scuola, Va be’, ma a scuola, ci posso sempre andare domani. Oggi andrò a sentire i pifferi.
Pinocchio si incammina. Appare un uomo con un cartello in mano
PINOCCHIO
Che spettacolo c’è , oggi?
CARTELLONISTA
Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
PINOCCHIO
Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
CARTELLONISTA
Bravo asino! Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI...
PINOCCHIO
È molto che è incominciata la commedia?
CARTELLONISTA
Deve ancora cominciare
PINOCCHIO
E quanto si spende per entrare?
CARTELLONISTA
Quattro soldi.
PINOCCHIO
Mi daresti quattro soldi, fino a domani?
CARTELLONISTA
Te li darei volentieri, ma oggi, per l’appunto, non te li posso dare-
PINOCCHIO
Nemmeno in cambio della mia giacchetta.
CARTELLONISTA
Nemmeno.
PINOCCHIO
E se ti do in cambio le mie scarpe, quanto mi dai?
CARTELLONISTA
Nulla.
PINOCCHIO
E per il mio berretto?
CARTELLONISTA
Sempre nulla.
PINOCCHIO
E per quest’Abbecedario nuovo?
CARTELLONISTA
Eccoti i quattro soldi.
MUSICA
PINOCCHIO
(come entrando sul retro del teatro) Uhhh! Che bel teatro!che bei burattini!
Mangiafuoco sta per cominciare lo spettacolo, ma le marionette che tiene in mano per i fili riconoscono Pinocchio, e gli fanno festa;
ARLECCHINO
Sogno o son desto? Eppure questo che vedo è Pinocchio!...
PULCINELLA
È Pinocchio davvero!
ROSAURA
È proprio lui!
BURATTINI
(in coro) È Pinocchio! è Pinocchio! È il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio!...
ARLECCHINO
Pinocchio, vieni quassù da me! Vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!
MANGIAFUOCO
Adesso basta. Smettetela con questa baldoria. Basta ho detto! Se no m’arrabbio davvero! (a Pinocchio, con ironia) Si può sapere, signor Pinocchio, perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro?
PINOCCHIO
La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!...
MANGIAFUOCO
Basta così! Per i miei gusti, hai già parlato troppo. Olà, Arlecchino e Pulcinella, prendete questo burattino. Mi pare fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.
PINOCCHIO
Oh, signor Mangiafuoco, non voglio morire, non voglio morire! Pietà!
MANGIAFUOCO
Non conosco questa parola! Etci! Etci!
ARLECCHINO
(sottovoce a Pinocchio) Non aver paura fratello! Quando stranutisce è segno che s’è mosso a compassione. È meno cattivo di quel che sembra. Stai tranquillo.
Pinocchio piagnucola ancora.
MANGIAFUOCO
Finiscila di piangere! Etcí! Etcí!
PINOCCHIO
Salute!
MANGIAFUOCO
Grazie. Il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi?
PINOC CHIO
Il babbo, sí: la mamma non l’ho mai conosciuta.
MANGIAFUOCO
Chi lo sa che dispiacere sarebbe per il tuo vecchio padre, se ora ti facessi gettare fra que’ carboni ardenti! Povero vecchio! lo compatisco! Etcí, etcí, etcí.
PINOCCHIO
Salute!
MANGIAFUOCO
Grazie! Del resto bisogna compatire anche me, perché, come vedi, non ho più legna per finire di cuocere un montone arrosto. E tu, dico la verità, in questo caso mi avresti fatto un gran comodo! Ma ormai mi sono impietosito e ci vuol pazienza. Invece di te, metterò a bruciare qualche burattino della mia Compagnia. Pigliatemi lí quell’Arlecchino, legatelo ben bene, e poi gettatelo a bruciare sul fuoco. Io voglio che il mio montone sia arrostito bene!
PINOCCHIO
Pietà, signor Mangiafuoco!
MANGIAFUOCO
Qui non ci son signori!
PINOCCHIO
Pietà, signor Cavaliere!
MANGIAFUOCO
Qui non ci sono cavalieri!
PINOCCHIO
Pietà, signor Commendatore!
MANGIAFUOCO
Qui non ci sono commendatori!
PINOCCHIO
Pietà, Eccellenza!
MANGIAFUOCO
Eccellenza! Eccellenza mi piace. Ebbene, che cosa vuoi da me?
PINOCCHIO
Vi domando grazia per il povero Arlecchino!
MANGIAFUOCO
Qui non c’è grazia che tenga! Se ho risparmiato te, bisogna che faccia mettere sul fuoco lui, perché io voglio che il mio montone sia arrostito bene.
PINOCCHIO
In questo caso conosco qual è il mio dovere. Prendete me. Non è giusto che il povero Arlecchino debba morire per causa mia.
MANGIAFUOCO
Eeehhhtci!
PINOCCHIO
Salute!
Etci! Etci! Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio.
PINOCCHIO
Dunque la grazia è fatta?
MANGIAFUOCO
La grazia è fatta! Pazienza, per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a te! Etci!
PINOCCHIO
Salute.
MANGIAFUOCO
Come si chiama tuo padre?
PINOCCHIO
Geppetto.
MANGIAFUOCO
E che mestiere fa?
PINOCCHIO
Il povero.
MANGIAFUOCO
Guadagna molto?
PINOCCHIO
Guadagna tanto quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l’Abbecedario della scuola dovette vendere l’unica casacca che aveva addosso.
MANGIAFUOCO
Povero Geppetto! Etci! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.
PINOCCHIO
Grazie, signor Mangiafuoco. Grazie!
MANGIAFUOCO
(uscendo con le sue marionette) Basta coi ringraziamenti
PINOCCHIO
Grazie, Signor Mangiafuoco.
Pinocchio rimasto solo, guarda le monete che gli ha dato Mangiafuoco, Le fa saltellare sulla mano. Poi, tutto allegro s’incammina.
MUSICA di Pinocchio.
Sopraggiungono il Gatto e la Volpe.
LA VOLPE
Buon giorno, Pinocchio,
PINOCCHIO
Com’è che sai il mio nome?
LA VOLPE
Conosco bene il tuo babbo.
PINOCCHIO
Dove l’hai veduto?
LA VOLPE
L’ho veduto ieri sulla porta di casa sua.
PINOCCHIO
E che cosa faceva?
LA VOLPE
Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.
PINOCCHIO
Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà piú!
LA VOLPE
Perché?
PINOCCHIO
Perché io sono diventato un gran signore.
LA VOLPE
Un gran signore tu?
PINOCCHIO
C’è poco da meravigliarsi. Mi dispiace davvero di farvi venire l’acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque bellissime monete d’oro.
LA VOLPE
E ora , che cosa vuoi farne di codeste monete?
PINOCCHIO
Prima di tutto, voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d’oro e d’argento e coi bottoni di brillanti. E poi voglio comprare un Abbecedario per me.
LA VOLPE
Per te? Ma non mi dire!
PINOCCHIO
Davvero! Voglio andare a scuola e mettermi a studiare di buzzo buono.
LA VOLPE
Studiare? Ma sei ammattito! Guarda me! Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.
GATTO
E guarda anche me! Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi.
PINOCCHIO
Davvero?
GATTO
Davverissimo!
LA VOLPE
(facendo eco) …issimo! Ascolta quello che ti dico. Vuoi raddoppiare le tue monete d’oro?
PINOCCHIO
Cioè?
LA VOLPE
Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?
PINOCCHIO
Magari! E come si fa?
LA VOLPE
È facilissimo! Invece di tornartene a casa tua, dovresti venir con noi.
PINOCCHIO
E dove mi volete condurre?
LA VOLPE
Nel paese dei Barbagianni.
GATTO
Barbagianni
Pinocchio ci pensa un poco. Poi…
PINOCCHIO
No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c’è il mio babbo che m’aspetta.
LA VOLPE
Vuoi proprio andare a casa tua? Allora va’ pure, e tanto peggio per te.
GATTO
Tanto peggio per te!
Pinocchio fa per andare
LA VOLPE
Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna.
GATTO
Fortuna!
Pinocchio si ferma.
LA VOLPE
I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila.
GATTO
Duemila!
PINOCCHIO
Ma com’è mai possibile che diventino tanti?
LA VOLPE
Te lo spiego subito. Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro, per esempio, uno zecchino d’oro. Poi ricopri la buca con un po’ di terra, l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale. E la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce. E la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi?
PINOCCHIO
Che trovo?
LA VOLPE
Un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.
PINOCCHIO
Sicché, dunque, se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?
LA VOLPE
È un conto facilissimo. Che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque, e la mattina dopo ti trovi in tasca duemilacinquecento zecchini lampanti e sonanti.
GATTO
Sonanti
PINOCCHIO
Oh che bella cosa! Appena che questi zecchini li avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voialtri due.
LA VOLPE
Un regalo a noi? Dio te ne liberi!
GATTO
Liberi!
LA VOLPE
Noi non lavoriamo per il vile interesse. Noi lavoriamo per il bene dell’umanità.
GATTO
Umanità.
PINOCCHIO
(a se stesso) Ma che brave persone! Andiamo subito, io vengo con voi.
MUSICA.
I tre camminano per un po’. Ad un certo punto, la Volpe si ferma.
LA VOLPE
Ecco l’osteria del Gambero Rosso. Fermiamoci un po’ qui, tanto per mangiare un boccone e riposarci qualche ora. A mezzanotte poi ripartiremo per essere domani, all’alba, nel Campo dei miracoli.
GATTO
No, ma che mangiare. Sono indisposto. Mi accontenterò di ordinare trentacinque triglie con salsa di pomodoro, quattro porzioni di trippa alla parmigiana, condita di burro e il formaggio grattato! Doppia razione di dolce, un chilo di frutta, un doppio caffè. E basta,
LA VOLPE
Anch’io non mi sento bene. E dovrò limitarmi. Mi farò servire soltanto una semplice lepre, con un leggerissimo contorno di pollastre ingrassate e di galletti di primi canto. Poi, per torna gusto, un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d’uva paradisa. Doppia razione di dolce, un chilo di frutta, un doppio caffè. E basta,
GATTO
Basta.
LA VOLPE
Quindi, ci faremo dare due buone camere, una per il signor Pinocchio e un’altra per me e per il mio compagno. Schiacceremo un sonnellino. E a mezzanotte sveglia, per continuare il nostro viaggio. Entriamo.
GATTO
…iamo
BUIO
MUSICA.
Lentamente torna la luce. Alba. Un gallo canta.
Pinocchio si sveglia. Si stiracchia.
PINOCCHIO
È l’ora di partire. (si guarda intorno) Ma i miei compagni dove sono? (chiama) Gatto1 Volpe! (non risponde nessuno) Saranno andati via. Forse ci avranno ripensato e non vogliono più farmi diventare ricco. Ma a me non mi fregano. Li raggiungerò al Campo dei miracoli. Piuttosto, chissà se avranno pagato la cena. Credo di no. Sono persone troppo educate per farmi un affronto simile. Peccato, però! perché a me questo affronto mi avrebbe fatto tanto piacere. Ma che m’importa! Domani il mio babbo sarà un gran signore perché i quattro zecchini che mi restano, domani saranno duemila. Ma devo far presto, se non faccio tardi. In cammino su! Che devo essere al Campo dei miracoli, domattina, allo spuntare del giorno.
MUSICA di Pinocchio
Pinocchio s’incammina. Notte. Strada bosco. Temporale. Ad ogni tuono Pinocchio si spaventa.
PINOCCHIO
(tuono) Chi va là? (tuono) Chi va là? (tuono) Chi va là?
Eco: Chi va là! Chi va là! Chi va là!
Mentre cammina, Pinocchio vede una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente.
PINOCCHIO
Chi sei?
LUCETTA
Sono l’ombra del Grillo parlante ante, ante.
PINOCCHIO
Che vuoi da me?
LUCETTA
Voglio darti un consiglio, iglio iglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini, che ti sono rimasti, al tuo povero babbo, che piange e si dispera per non averti più veduto uto.
PINOCCHIO
Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.
LUCETTA
Non ti fidare, ragazzo mio, io io. di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro etro etro.
PINOCCHIO
E io invece voglio andare avanti.
LUCETTA
La notte è scura ura ura.
PINOCCHIO
Ma io, voglio andare avanti lo stesso
LUCETTA
La strada è pericolosa.
PINOCCHIO
Ma io sono coraggioso e vado avanti. Buona notte, Grillo.
LUCETTA
Buona notte, Pinocchio, e che il cielo ti protegga dalle intemperie e dagli assassini, ini ini.
La lucetta del Grillo-parlante si spegne.
Appaiono il Gatto e La Volpe
VOLPE
O la borsa o la vita!
GATTO
La vita.
PINOCCHIO
Ma io sono un povero burattino. Non posseggo nulla
VOLPE
Meno ciarle e fuori i denari!
GATTO
Denari
VOLPE
O i denari o sei morto.
GATTO
Morto!
VOLPE
E dopo ammazzato te, ammazzeremo anche tuo padre!
GATTO
Anche tuo padre!
PINOCCHIO
No, no, no, il mio povero babbo no!
Ma, così, gli zecchini gli suonano in bocca.
VOLPE
Furfante che non sei altro! dunque i danari te li sei nascosti sotto la lingua? Sputali subito!
GATTO
Subito
VOLPE
Ah, tu fai il furbo: Ma ci penseremo noi a farteli sputare.
I due acchiappano Pinocchio, cercano di fargli aprire la bocca; ma non ci riescono. Pinocchio morde la mano al Gatto e gli stacca uno zampino,
MUSICA
Pinocchio scappa in platea, Il Gatto e la Volpe dietro
Pinocchio imbuca una via d’uscita. Il gatto e la Volpe dietro.
Dopo un po’, Pinocchio rientra in platea da un'altra porta. Sempre correndo, torna in palcoscenico, Si ferma, ansimando, Si guarda intorno.
PINOCCHIO
Mi sono perso. Dove sono?
Appare la fatina
FATINA
In un posto dove non c’è nessuno. Sono tutti morti.
PINOCCHIO
Ma ci sei tu!
FATINA:
Sono morta anch’io
PINOCCHIO:
Morta? E allora che ci fai qui?
FATINA
Aspetto la bara che venga a portarmi via.
La Fatina scompare. Sopraggiungono il Gatto e la Volpe, o venendo dalla platea, o da una quinta. Acciuffano Pinocchio.
VOLPE
Ora non ci scappi più!... Dunque, vuoi aprire la bocca, si o no? Ah! Non rispondi? Lascia fare: Ché questa volta te la faremo aprir noi!..
GATTO
Noi.
Tentano di accoltellare Pinocchio ma i coltelli gli si spezzano.
GATTO
Così non ci riusciremo mai.
VOLPE
Ho capito! Bisogna impiccarlo! Impicchiamolo!
GATTO
(a Pinocchio) Sarai impiccato.
PINOCCHIO
Impiccato no!
GATTO
E ti lasceremo impiccato e ce ne andremo.
VOLPE
E quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto e con la bocca spalancata.
FINE PRIMO ATTO
SECONDO ATTO
MUSICA
Poi sfuma
NARRATORE
In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia grande, pareva oramai più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli turchini si affacciò alla finestra, e impietositasi alla vista di quell’infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, chiamò un grosso Falco e gli disse: Vola subito da Pinocchio; rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria, e portalo qui,
Detto fatto. E Pinocchio si ritrovò in casa della fatina,
FATINA
Vorrei sapere da lor signori, se questo disgraziato burattino è vivo o morto!
CORVO
A mio credere Pinocchio è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!
CIVETTA
Mi dispiace di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, Pinocchio è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero.
FATINA
Io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, è meglio che non dica nulla.
CIVETTA
Eccolo che si sveglia.
FATINA
Perché piange?
CORVO
Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione. Altro non vi posso dire.
Il Corvo s’inchina ed esce.
CIVETTA
Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, ma per me quando il morto piange, è segno che gli dispiace a morire. Altro non vi posso dire.
La Civetta s’inchina ed esce.
PINOCCHIO
Quanto siete buona, Fatina mia, e quanto bene vi voglio!
FATINA
Te ne voglio anch’io. E se tu vuoi rimanere con me, tu sarai il mio fratellino e io la tua buona sorellina.
PINOCCHIO
Io resterei volentieri... ma il mio povero babbo?
FATINA
Ho pensato a tutto. Il tuo babbo è stato di già avvertito: e prima che faccia notte, sarà qui.
PINOCCHIO
Davvero? Allora, Fatina mia, se vi contentate, vorrei andargli incontro! Non vedo l’ora di poter dare un bacio a quel povero vecchio, che ha sofferto tanto per me!
FATINA
Vai pure. Ma bada di non ti perdere. Prendi la via del bosco, e sono sicura che lo incontrerai.
MUSICA
Pinocchio s’incammina, anzi si mette a correre, quando…
VOLPE
Ecco il nostro caro Pinocchio . (abbraccia Pinocchio)
GATTO
Come mai sei qui?
PINOCCHIO
È una storia lunga e ve la racconterò a comodo. Sappiate però che l’altra notte, quando mi avete lasciato solo all’osteria, ho trovato gli assassini per strada.
VOLPE
Gli assassini? Oh povero amico! E che cosa volevano?
PINOCCHIO
Mi volevano rubare le monete d’oro.
VOLPE
Infami!...
GATTO
Infami? Infami è poco: infamissimi!
VOLPE
Si può sentir di peggio? In che mondo siamo condannati a vivere!
PINOCCHIO
Che cosa hai fatto del tuo zampetto?
GATTO
Ma veramente… Non so spiegarmelo.
VOLPE
Il mio amico è troppo modesto, e per questo dice che non sa spiegarselo. Risponderò io per lui. Sappi dunque che un’ora fa abbiamo incontrato sulla strada un vecchio lupo, quasi svenuto dalla fame, che ci ha chiesto un po’ d’elemosina. Non avendo noi da dargli nemmeno una lisca di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio, che ha davvero un cuore di Cesare? Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perché potesse sfamarsi.
PINOCCHIO
(commosso) Se tutti i gatti somigliassero a te, il mondo sarebbe migliore
VOLPE
E ora che cosa fai in questi luoghi?
PINOCCHIO
Cerco il mio babbo, che deve arrivare qui da un momento all’altro.
GATTO
E le tue monete d’oro?
PINOCCHIO
Le ho sempre in tasca.
VOLPE
E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila!
GATTO
Perché non dai retta al nostro consiglio? Perché non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?
PINOCCHIO
Oggi è impossibile: vi andrò un altro giorno.
VOLPE
Un altro giorno sarà tardi!
PINOCCHIO
Perché?
VOLPE
Perché quel campo è stato comprato da un gran signore, e da domani in là non sarà più permesso a nessuno di seminarvi i denari.
PINOCCHIO
Quant’è distante di qui il Campo dei miracoli?
VOLPE
Vicinissimo. E appena là: semini le quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila, e stasera ritorni qui colle tasche piene. Vuoi venire con noi?
PINOCCHIO
Veramente, non vorrei. Non dovrei. Ma voglio. Andiamo pure.
S’incamminano. MUSICA. Dopo un po’:
PINOCCHIO
E il Campo dei miracoli dov’è?
VOLPE
È qui a due passi.
GATTO
Due passi.
VOLPE
Uno e due. (fa davvero due passi – a Pinocchio) Ora chinati giù a terra, scava con le mani una piccola buca nel campo, e mettici dentro le monete d’oro. Poi, vai alla fontana qui vicina, prendi una secchia d’acqua e annaffia il terreno dove hai seminato.
Pinocchio esegue.
VOLPE
Fatto?
PINOCCHIO
GATTO
Fatto!
VOLPE
Ora possiamo andar via. Tu poi ritorna qui fra una ventina di minuti, e troverai l’arboscello già spuntato dal suolo e coi rami tutti carichi di monete.
GATTO
Monete.
PINOCCHIO
Grazie, grazie, quanto siete buoni! Per ripagare la vostra bontà, prometto che vi farò un bellissimo regalo.
VOLPE
Noi non vogliamo regali Noi non lavoriamo per noi. Noi lavoriamo per il bene dell’umanità.
GATTO
Umanità
VOLPE
E, quanto a te, ci basta di averti insegnato il modo di arricchire senza durar fatica.
GATTO
Fatica.
VOLPE
Siamo Felici di averti conosciuto.
GATTO
Conosciuto.
VOLPE
Buona ventura.
GATTO
Ventura,
Escono di scena. Pinocchio rimane solo.
PINOCCHIO
E se invece di mille monete, ne trovassi su i rami dell’albero duemila?... E se invece di duemila, ne trovassi cinquemila? e se invece di cinquemila, ne trovassi centomila? Oh che bel signore, allora, che diventerei!
Appare la Lucetta del Grillo Parlante. E si sente una gran risata.
PINOCCHIO
Perché ridi?
LUCETTA GRILLO PARLANTE
Rido di quei barbagianni, che credono a tutte le scioccherie e che si lasciano intrappolare da chi è più furbo di loro.
PINOCCHIO
Parli forse di me?
LUCETTA GRILLO PARLANTE
Sì, parlo di te, povero Pinocchio! Di te che sei così dolce di sale da credere che i denari si possano seminare e raccogliere nei campi, come si seminano i fagioli e le zucche. Sappi che, per mettere da parte dei soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle proprie mani o coll’ingegno della propria testa.
PINOCCHIO
Non ti capisco.
LUCETTA GRILLO PARLANTE
Mi spiegherò meglio. Sappi dunque che, mentre tu eri in città, la Volpe e il Gatto sono tornati in questo campo: hanno preso le monete d’oro sotterrate, e poi sono fuggiti come il vento. E ora chi li raggiunge, è bravo!
Pinocchio comincia scava e non trova nulla. Piange.
PINOCCHIO
Solo la mia fatina mi può aiutare
MUSICA
di Pinocchio che cammina.
La MUSICA si arresta di colpo davanti ad un cartello.
QUI GIACE
LA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
MORTA DI DOLORE
PER ESSERE STATA ABBANDONATA DAL SUO
FRATELLINO PINOCCHIO
PINOCCHIO
(piangendo) O Fatina mia, perché sei morta?... perché, invece di te, non sono morto io, che sono tanto cattivo, mentre tu eri tanto buona?... E il mio babbo dove sarà? O Fatina mia, dimmi dove posso trovarlo, ché voglio stare sempre con lui, e non lasciarlo più! più! più!... O Fatina mia, se davvero mi vuoi bene, rivivi, ritorna viva come prima!
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE
Pinocchio, Pinocchio, corri corri in riva al mare, Il tuo babbo sta per partire su una barchetta verso le lontane Americhe per cercarti.
PINOCCHIO
Oh, no babbino mio! Sono qua! Non partire! Arrivo
Pinocchio corre.
MUSICA
Rumore di mare e di tempesta.
Pinocchio, si ferma ansante, come fosse arrivato sul mare. Guarda in lontananza. Chiama a gran voce.
PINOCCHIO
Babbinoooo! Babbino mioooo!
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE
Non ti può sentire. È ormai lontano.
PINOCCHIO
Oh che sciagura! Che sciagura! E come faccio adesso, solo in questo mondo? Ora che ho perduto la mia Fatina e il mio babbo, chi mi darà da mangiare? Dove andrò a dormire la notte? Chi mi farà la giacchettina nuova? Oh! sarebbe meglio, cento volte meglio, che morissi anch’io! Sì, voglio morire! ih! ih! ih!
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE
Non disperare Pinocchio. Il tuo babbo e solo partito e ritornerà. E la fatina, con le fatine non si sa mai.
PINOCCHIO
Dici?
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE
Dico.
La lucetta del Grillo Parlante si spegne.
Passa un Carbonaio
PINOCCHIO
Signor Carbonaio, mi fareste la carità di darmi un soldo, perché mi sento morir dalla fame?
CARBONAIO
Non un soldo solo, ma te ne do quattro, a patto che tu m’aiuti a tirare fino a casa questi due carretti di carbone.
PINOCCHIO
Mi meraviglio di voi, signor Carbonaio, che mi diciate così. Per vostra regola io non ho fatto mai il somaro: io non ho mai tirato il carretto!
CARBONAIO
Meglio per te! Allora, ragazzo mio, se ti senti davvero morir dalla fame, mangia due belle fette della tua superbia, e bada di non prendere un’indigestione.
Passa un muratore
PINOCCHIO
Signor Muratore, fareste la carità d’un soldo a un povero ragazzo, che sbadiglia dall’appetito?
MURATORE
Volentieri. Vieni con me a portar calcina, e invece d’un soldo, te ne darò cinque.
PINOCCHIO
Ma la calcina pesa, e io non voglio durar fatica.
MURATORE
Se non vuoi durar fatica, allora, ragazzo mio, divertiti a sbadigliare, E buon pro ti faccia.
Passa una donnina con una brocca d’acqua
PINOCCHIO
Permettete, buona donna, che io beva una sorsata d’acqua dalla vostra brocca?
DONNINA
Bevi pure, ragazzo mio!
PINOCCHIO
(beve) La sete me la son levata! Cosi mi potessi levar la fame!
DONNINA
Se mi aiuti a portare a casa una di queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di pane. E insieme col pane ti darò un bel piatto di cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto E dopo il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio.
PINOCCHIO
Se è così, pazienza, vi porterò la brocca fino a casa!
MUSICA
La Donnina e Pinocchio, con la brocca in testa, camminano.
Giunti a destinazione si fermano.
Pinocchio spalanca gli occhi.
PINOCCHIO
Sogno o son desto? Voi non siete quello che sembrate:
DONNINA
E chi sono? Dimmelo! Che ho curiosità anch’io di saperlo.
PINOCCHIO
Ebbene sì! Avete gli stessi occhi, gli stessi capelli. O Fatina mia! Fatina mia! Siete voi!
FATINA
Birba d’un burattino! Come mai ti sei accorto che ero io?
PINOCCHIO
È il gran bene che vi voglio, quello che me l’ha detto.
FATINA
Mi hai disubbidito e mi hai dato tanti dispiaceri, ma vedo che ti sei pentito e tornerò a occuparti di te,
PINOCCHIO
E io vi chiamerò la mia mammina. Non ne ho mai avuta una. Penso, però, al mio babbo. Dove sarà a quest’ora? Avrò mai la fortuna di poterlo rivedere e abbracciare?
FATINA
Credo di sì. Anzi ne sono sicura.
PINOCCHIO
Che bella cosa, Fatina mia, che mi dite! Che bellissima cosa! Ma noi vivremo insieme, mamma?
FATINA
Ma devi mettere giudizio. Comincerai coll’andare a scuola.
PINOCCHIO
Andrò a scuola. E farò tutto quello che mi direte. Anche perché, la vita del burattino mi è venuta a noia,
FATINA
A scuola, Pinocchio, A scuola!
Pinocchio prende dei libri e s’incammina.
MUSICA Pinocchio
Camminando verso la scuola, incontra uno studente-
COMPAGNO UNO
Sai la gran notizia?
PINOCCHIO
No.
COMPAGNO DUE
Qui nel mare vicino è arrivato un Pesce-cane, grosso come una montagna.
PINOCCHIO
Davvero?
COMPAGNO UNO
Noi andiamo alla spiaggia a vederlo. Vuoi venire anche tu?
PINOCCHIO
No. Io voglio andare a scuola.
COMPAGNO DUE
Che t’importa della scuola? Alla scuola ci andremo domani. Con una lezione di più o con una di meno, si rimane sempre gli stessi somari.
PINOCCHIO
Non hai torto, E il Pesce-cane io voglio vederlo
COMPAGNO UNO
Povero grullo! Ci hai creduto. Non c’è nessun pesce cane. Era una scusa per farti perdere la scuola.
COMPAGNO DUE
Ma, dico io, non ti vergogni a studiare così tanto, In questo modo danneggi tutti Perché gli scolari che studiano, fanno sempre scomparire quelli, come noi, che non hanno voglia di studiare. E noi non vogliamo scomparire! Anche noi abbiamo il nostro amor proprio!
PINOCCHIO
E se io volessi seguitare a studiare?
COMPAGNO UNO
Non ti guarderemo più in faccia, e alla prima occasione ce la pagherai!
PINOCCHIO
Mi fate quasi ridere.
COMPAGNO DUE
E allora ridi.
Si azzuffano. Si scagliano vicendevolmente i libri, Uno studente cerca di colpire Pinocchio, ma colpisce un altro, che cade a terra come morto.
COMPAGNO UNO
O mamma mia, aiutatemi... perché muoio!...
Tutti scappano
PINOCCHIO
Apri gli occhi, ti prego, guardami! Perché non mi rispondi? Non sono stato io, sai, che ti ho fatto tanto male! Credilo, non sono stato io! Apri gli occhi,
Se continui a tenere gli occhi chiusi, farai morire anche me.
Arrivano Due Carabinieri.
CARABINIERE UNO
Che cosa fai costì sdraiato per terra?
PINOCCHIO
Assisto questo mio compagno di scuola.
CARABINIERE DUE
Si è sentito male?
PINOCCHIO
Pare di si!
CARABINIERE UNO
No, non si è sentito male. Questo ragazzo è stato ferito ad una tempia.
CARABINIERE DUE
Chi è che l’ha ferito?
PINOCCHIO
Io no!
CARABINIERE DUE
E allora chi?
PINOCCHIO
Io no!
CARABINIERE UNO
E con che cosa è stato ferito?
PINOCCHIO
Con questo libro.
CARABINIERE DUE
E questo libro di chi è?
PINOCCHIO
Mio.
CARABINIERE UNO
Basta così: non occorre altro. Alzati, e vien via con noi.
PINOCCHIO
Ma io sono innocente! (guarda in un punto Oh Dio, che succede là?
I carabinieri si girano. Pinocchio scappa.
MUSICA
Pinocchio, dopo un bel po’ si ferma, ansimando
PINOCCHIO
Come farò ora a presentarmi alla mia Fatina? Che le dirò quando la vedrò? Sono sicuro che non mi perdonerà di non essere andato a scuola. E mi sta bene, perché sono uno che promette e poi non mantiene Ma si sta facendo scuro, devo affrettarmi. E tornare a casa.
La luce cala
Pinocchio si ritrova a casa della Fatina. Bussa
LUMACA
Chi è a quest’ora?
PINOCCHIO
La Fata è in casa?
LUMACA
La Fata dorme e non vuol essere svegliata, Ma tu chi sei?
PINOCCHIO
Sono io!
LUMACA
Chi io?
PINOCCHIO
Pinocchio.
LUMACA
Chi Pinocchio?
PINOCCHIO
Il burattino, quello che sta in casa colla Fata.
LUMACA
Ho capito, Aspettami dove sei, ché ora scendo e ti apro subito.
PINOCCHIO
(saltella sul posto per riscaldarsi) Spicciatevi, per carità!
LUMACA
Calma, ragazzo mio, sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
Tic tac di orologio
PINOCCHIO
Lumachina bella, non so più da quanto tempo aspetto. Spicciatevi, per carità!
LUMACA
Ragazzo mio, sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
Tic tac di orologio
PINOCCHIO
Lumachina bella, aiutatemi! Qui dal freddo mi sento morire. E il tempo non passa mai. Voglio la mia Fatina.
LUMACA
La fata dorme e non vuole essere svegliata.
PINOCCHIO
Portatemi almeno qualcosa da mangiare.
LUMACA
Subito. Ve-lo-ci-ssi-ma-men-te.
Tic tac di orologio. Pinocchio s’appisola.
LUMACA
Ecco la colazione.
Pinocchio si sveglia di soprassalto, E si avventa sulla colazione.
PINOCCHIO
Ma è tutta di gesso, signora Lumaca! Stavolta muoio davvero!
Sviene
FATINA
Sveglia, Pinocchio, sveglia! Sono io.
PINOCHIO
Oh Fatina mia! Perdonatemi, perdonatemi.
FATINA
Per questa volta ti perdono. Ma andrai subito a scuola.
PINOCCHIO
Ci andrò. Lo giuro!
La fata dà a Pinocchio i libri per andare a scuola.
Pinocchio bacia la fata s’incammina.
MUSICA di Pinocchio
Pinocchio incontra Lucignolo.
LUCIGNOLO
Ciao.
PINOCCHIO
Ciao. Chi sei?
LUCIGNOLO
Sono Lucignolo. E tu?
PINOCCHIO
Io sono Pinocchio
LUCIGNOLO
E dove vai?
PINOCCHIO
Non lo vedi? Vado a scuola.
LUCIGNOLO
Oh, ma avete tutti la fissazione della scuola.
PINOCCHIO
Perché tu non ci vai?
LUCIGNOLO
Io sto per partire, non lo vedi?!
PINOCCHIO
Dove vai?
LUCIGNOLO
Vado ad abitare in un paese che è il più bel paese del mondo. Una vera cuccagna!
PINOCCHIO
E come si chiama?
LUCIGNOLO
Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?
PINOCCHIO
Io? No davvero!
LUCIGNOLO
Hai torto, Pinocchio! Se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese piú adatto a noialtri ragazzi? Lì non vi sono scuole: non vi sono maestri: non vi sono libri. Insomma non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola. E ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica. Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre.
PINOCCHIO
Ma come si passano le giornate nel «Paese dei balocchi»?
LUCIGNOLO
Si passano baloccandosi. E divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo. Che te ne pare?
PINOCCHIO
A esser sincero, è una vita che farei volentieri anch’io!
LUCIGNOLO
Allora, vuoi partire con me? Sì o no? Deciditi.
PINOCCHIO
No, proprio non posso, credimi Ho promesso alla mia buona Fata di mettere giudizio. E voglio mantenere la promessa. Quindi, addio! E buon viaggio.
LUCIGNOLO
Dove corri con tanta furia?
PINOCCHIO
A scuola
LUCIGNOLO
Aspetta altri due minuti.
PINOCCHIO
Non posso. Faccio troppo tardi.
LUCIGNOLO
Due minuti soli.
PINOCCHIO
E se poi la Fata mi strilla?
LUCIGNOLO
Lasciala strillare. Quando avrà strillato ben bene, si cheterà.
PINOCCHIO
Ma tu come fai? Parti solo o in compagnia?
LUCIGNOLO
Solo? Saremo più di cento ragazzi. Fra poco passerà di qui il carro che mi deve prendere e condurre fin dentro ai confini di quel fortunatissimo paese.
PINOCCHIO
Pagherei non so cosa, perché il carro passasse ora!
LUCIGNOLO
Perché?
PINOCCHIO
Per vedervi partire tutti insieme.
LUCIGNOLO
Rimani qui un altro poco e ci vedrai.
PINOCCHIO
Ma tu sei sicuro che in quel paese non ci sono punte scuole?
LUCIGNOLO
Neanche l’ombra.
PINOCCHIO
E nemmeno i maestri?
LUCIGNOLO
Nemmeno uno.
PINOCCHIO
E non c’è mai l’obbligo di studiare?
LUCIGNOLO
Mai, mai, mai!
PINOCCHIO
Che bel paese! Io non ci sono stato mai, ma me lo figuro!
LUCIGNOLO
Perché non vieni anche tu, allora?
PINOCCHIO
È inutile che tu mi tenti! Non vengo.
LUCIGNOLO
Addio, allora! E salutami tanto le scuole ginnasiali! E anche quelle liceali - se le incontri per la strada.
PINOCCHIO
Addio, Lucignolo: fa’ buon viaggio! (fa per andarsene, poi torna indietro). Ma sei proprio sicuro che in quel paese tutte le settimane sono composte di sei giovedì e di una domenica?
LUCIGNOLO
Sicurissimo.
PINOCCHIO
Ma lo sai di certo che le vacanze abbiano principio col primo di gennaio e finiscano coll’ultimo di dicembre?
LUCIGNOLO
Di certissimo!
PINOCCHIO
Fra quanto partirete?
LUCIGNOLO
Subito.
Di lontano si ode una squilla.
LUCIGNOLO
Eccolo! È il carro che passa a prendermi. Vuoi venire, o no?
PINOCCHIO
Io verrei…
OMINO DI BURRO
Permettete che mi presenti. Sono l’Omino di Burro, il capo di questa spedizione. Non ci sarebbe posto, in verità, ma per voi, signor Pinocchio, lo troveremo
LUCIGNOLO
Allora vieni?
PINOCCHIO
A questo punto, rifiutare mi sembrerebbe uno sgarbo. Vengo.
Nell’aria risuonano ragli e pianti.
PINOCCHIO
Signor Omino di Burro, perché questi ciuchini piangono?
OMINO DI BURRO
Perché loro non vedono quello che vedi tu. Per loro, il mondo è diverso. Ma tu non ci badare. Pronti? i Via! Si parte.
MUSICA di grande festa. MUSICA del paese dei balocchi.
Arrivo al Paese dei balocchi. L’Omino di Burro esce di scena.
(inghiottito dal buco) Rimangono Pinocchio e Lucignolo,
PINOCCHIO
(guardandosi intorno) Oh che bello! Che bello che è qui. Una meraviglia! Proprio non lo avrei immaginato!
LUCIGNOLO
Vedi, dunque, se avevo ragione? E tu non volevi partire! Ti eri persino messo in capo di tornartene a casa dalla tua Fata, per prendere il tempo a studiare!... Se oggi ti sei liberato dalla noia dei libri e delle scuole, lo devi a me, ai miei consigli, alle mie premure, ne convieni? Non vi sono che i veri amici che sappiano rendere di questi grandi favori.
PINOCCHIO
È vero, Lucignolo! Se oggi io sono così contento, è tutto merito tuo. E pensare che mi dicevano di te: Non praticare quella birba di Lucignolo, è un cattivo compagno e non può consigliarti altro che a far del male!
Cessa la MUSICA.
Si fa un grande silenzio. Lucignolo esce di scena dal buco.
PINOCCHIO
Lucignolo, dove sei? Lucignolooo! (eco) Ma perché mi hai lasciato solo. E dov’è l’Omino di burro? Scomparso pure lui. Ma in che mondo sono finito.
MUSICA triste, tristissima. Anche la luce è triste, E si è fatto quasi buio
PINOCCHIO
Oh Dio mi sento male. È come se avessi la febbre. Che mi succede?
La lucetta del Grillo Parlante.
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.
Amico mio, mi dispiace doverti dare una cattiva notizia!...
PINOCCHIO
Cioè?
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.
Tu hai una gran brutta febbre!
PINOCCHIO
E che febbre sarebbe?
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.
La febbre del somaro. Presto, prestissimo tu diventerai un ciuchino vero e proprio, come quelli che tirano il carretto e che portano i cavoli e l’insalata al mercato.
PINOCCHIO
Oh! povero me! povero me! È vero, già mi fanno male gli orecchi. Fatina mia, fatina mia, sono perduto! (piange)
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.
Ora i pianti sono inutili. Bisognava pensarci prima!
PINOCCHIO
Ma la colpa non è mia, la colpa, credilo, è tutta di Lucignolo!
Lucignolo entra in scena, calza un cappello simile,
se non identico a quello di Pinocchio-
LUCETTA DEL GRILLO PARLANTE.
Eccolo, il tuo Lucignolo! Guardalo!
LUCIGNOLO
Pinocchio! Oh come ti vedo poco!
PINOCCHIO
Anch’io ti vedo lontano. Devo avere gli occhi cisposi. Ma tu, perché tieni in capo codesto berretto di cotone che ti copre gli orecchi?
LUCIGNOLO
Perché mi fanno un gran male.
PINOCCHIO
Anche a me fanno un male da spasimare. Me li fai vedere i tuoi?
LUCIGNOLO
Si. Ma prima voglio vedere i tuoi.
PINOCCHIO
No. Il primo devi essere tu.
LUCIGNOLO
No, carino! Prima tu, e dopo io!
PINOCCHIO
Ebbene, facciamo un patto da buoni amici.
LUCIGNOLO
Sentiamo il patto.
PINOCCHIO
Leviamoci tutti e due il berretto nello stesso tempo: accetti?
LUCIGNOLO
Accetto.
PINOCCHIO
Dunque, attenti. Uno! Due! Tre!
Si levano i berretti. Hanno entrambi orecchi d’asino.
Lucignolo barcolla
LUCIGNOLO
Aiuto, aiuto, Pinocchio!
PINOCCHIO
Che cos’hai?
LUCIGNOLO
Ohimè! non mi riesce più di star ritto sulle gambe.
PINOCCHIO
Non mi riesce più neanche a me.
Buio
MUSICA dolorosa.
Mezza luce.
Due Ciuchini entrano in scena. L’attraversano.
NARRATORE
Pinocchio e Lucignolo, diventati due ciuchini veri, vengono portati a vendere. Lucignolo fu venduto ad un contadino, Pinocchio al Direttore di un circo, che lo comprò per ammaestrarlo e per farlo saltare e ballare a comando. Ma una sera Pinocchio si azzoppò. E venne rivenduto a un fabbricante di strumenti musicalili perché ne facesse pelle di tamburo. Costui, invece di ucciderlo con un coltello, pensò bene di farlo morire affogato in mare. Ma Pinocchio, appena entrato nell’acqua ridiventò il burattino di legno che era e fuggì velocemente lontano dalla riva. Fu a questo punto che un mostro marino, tirando il fiato a sé, si bevve il povero burattino, come avrebbe bevuto un uovo di gallina, e lo inghiottì.
Ventre di pesce cane
Luci soffuse. E c’è anche un chiarore in un punto-
PINOCCHIO
Aiuto! aiuto! Non c’è nessuno qui dentro che venga a salvarmi?
VOCE TONNO
Chi vuoi che ti salvi, sventurata creatura?
PINOCCHIO
Chi è che parla così?
TONNO
Sono io! Un povero Tonno, inghiottito dal Pesce-cane insieme con te. E tu che pesce sei?
PINOCCHIO
Io non ho che veder nulla coi pesci. Io sono un burattino.
TONNO
E allora, se non sei un pesce, perché ti sei fatto inghiottire dal mostro?
PINOCCHIO
Non son io che mi son fatto inghiottire, è lui che mi ha inghiottito! Ed ora che cosa dobbiamo fare qui al buio?
TONNO
Rassegnarsi. E aspettare che il Pesce-cane ci abbia digeriti tutti e due!...
PINOCCHIO
Ma io non voglio esser digerito!.
TONNO
Neppure io vorrei esser digerito! Ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c’è più dignità a morir sott’acqua che sott’olio! La mia è un’opinione, e le opinioni, come dicono i Tonni politici, vanno rispettate!
PINOCCHIO
Insomma, io voglio andarmene di qui, voglio fuggire. È molto grosso questo Pesce-cane che ci ha inghiottiti?
TONNO
Figurati che il suo corpo è più lungo di un chilometro. Senza contare la coda.
PINOCCHIO
Che cosa sarà mai quel chiarore che si vede?
TONNO
Sarà qualche nostro compagno di sventura, che aspetta come noi il momento di esser digerito!
PINOCCHIO
Voglio andare a trovarlo. Potrebbe darsi il caso che fosse qualche vecchio pesce capace d’insegnarmi la strada per fuggire.
TONNO
Te l’auguro di cuore.
PINOCCHIO
Addio, signor Tonno.
TONNO
Addio, burattino. E buona fortuna.
PINOCCHIO
Pensi che rivedremo?
TONNO
È meglio non pensarci neppure!
MUSICA
Il Tonno esce di scena (dal buco?)
Pinocchio cammina a tastoni. Il chiarore si fa più forte. Sino a quando non appare una piccola tavola apparecchiata - o qualcosa di simile - con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchietto tutto bianco. È Geppetto
PINOCCHIO
Oh! babbino mio! Finalmente vi ho ritrovato! E non vi lascio più, mai, mai mai, mai. Più!
GEPPETTO
Dunque i miei occhi dicono il vero? Sei proprio tu, il mio caro Pinocchio?
PINOCCHIO
Sono proprio io! Sapeste quante disgrazie mi son piovute sul capo e quante cose mi sono andate a traverso! Ma voi, babbino, com’è che siete finito qua dentro?
GEPPETTO
Eeeh, figliolo mio! Quando ero per mare, in cerca di te, si alzò una tempesta, e un cavallone m’arrovesciò la barchetta. Allora questo orribile Pesce-cane che era lí vicino, appena che m’ebbe visto nell’acqua corse subito verso di me, e tirata fuori la lingua, mi prese pari pari, e m’inghiottì come un tortellino di Bologna.
PINOCCHIO
E quant’è che siete chiuso qui dentro?
GEPPETTO
Da quel giorno in poi, saranno oramai tanti anni. Tanti che mi son parsi secoli!
PINOCCHIO
E come avete fatto a campare? E dove avete trovata la candela? E i fiammiferi per accenderla, chi ve li ha dati?
GEPPETTO
Ora ti racconterò tutto. Devi dunque sapere che quella medesima burrasca, che rovesciò la mia barchetta, fece anche affondare un bastimento mercantile. I marinai si salvarono tutti, ma il bastimento calò a fondo e il Pesce-cane che quel giorno aveva un appetito eccellente, dopo avere inghiottito me, inghiottì anche il bastimento.
PINOCCHIO
Lo inghiottì tutto in un boccone?
GEPPETTO
Tutto in un boccone. Risputò solamente l’albero maestro, perché gli era rimasto fra i denti come una lisca. Per mia gran fortuna, quel bastimento era carico non solo di carne conservata in cassette di stagno, ma di biscotti, di pane abbrustolito, di bottiglie di vino, d’uva secca, di cacio, di caffè, di zucchero, di candele steariche e di scatole di fiammiferi di cera. Con tutta questa grazia di Dio ho potuto campare due anni: ma oggi sono agli ultimi sgoccioli: oggi nella dispensa non c’è piú nulla, e questa candela, che vedi accesa, è l’ultima candela che mi sia rimasta.
PINOCCHIO
E dopo che faremo?
GEPPETTO
Dopo, rimarremo tutt’e due al buio.
PINOCCHIO
Allora, babbino mio, non c’è tempo da perdere. Bisogna pensar subito a fuggire.
GEPPETTO
E come?
PINOCCHIO
Scappando dalla bocca del Pesce-cane e gettandosi a nuoto in mare.
GEPPETTO
Tu parli bene, ma io, caro Pinocchio, non so nuotare.
PINOCCHIO
E che importa? Io sono di legno e sto a galla da me. Voi mi monterete a cavalluccio sulle spalle e io vi porterò sano e salvo fino alla spiaggia.
GEPPETTO
Illusioni, ragazzo mio! Ti pare possibile che un burattino, possa aver tanta forza da portarmi a nuoto sulle spalle?
PINOCCHIO
Provatevi e vedrete! A ogni modo se sarà scritto in cielo che dobbiamo morire, avremo almeno la gran consolazione di morire abbracciati insieme.
Pinocchio prende in mano la candela, e va avanti facendo lume
PINOCCHIO
Venite dietro a me, e non abbiate paura.
MUSICA
I due camminano.
NARRATORE
Ora bisogna sapere che il Pesce-cane, essendo molto vecchio e soffrendo d’asma, era costretto a dormire a bocca aperta: per cui Pinocchio, affacciandosi al principio della gola e guardando in su, poté vedere un bel pezzo di cielo stellato e un bellissimo lume di luna.
PINOCCHIO
Questo è il momento di scappare. Il mare è tranquillo. Montatemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciatemi forte forte.
Geppetto monta a cavalluccio su Pinocchio-
PINOCCHIO
Siete pronto?
GEPPETTO
Pronto.
PINOCCHIO
Ora salto in acqua.
Pinocchio salta. Ploff! Si sente il tonfo di un tuffo.
MUSICA.
Pinocchio gira e gira, mimando uno che nuota. Arrivato a terra,
scarica Geppetto
GEPPETTO
E ora dove dobbiamo andare?
PINOCCHIO
In cerca di una casa o d’una capanna, dove ci diano per carità un boccone di pane e un po’ di paglia che ci serva da letto.
Appaiono il Gatto e la Volpe, malconci e mal combinati
LA VOLPE
O Pinocchio, fai un po’ di carità a questi due poveri infermi.
GATTO
Infermi!
PINOCCHIO
Addio, mascherine!
VOLPE
Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!
GATTO
Davvero!
PINOCCHIO
Se siete poveri, ve lo meritate.
VOLPE
Abbi compassione di noi!
GATTO
Noi!
PINOCCHIO
Addio, mascherine!
VOLPE
Non ci abbandonare!
GATTO
..are!
PINOCCHIO
Addio, mascherine!
LA VOLPE
(uscendo) Oh come siamo sfortunati
GATTO
ati ati
LA VOLPE
Sventurati.
GATTO
… ati ati
Pinocchio e Geppetto s’incamminano
Musichetta
Si fermano
PINOCCHIO
Questo posto deve essere abitato da qualcuno. Bussiamo.
Bussano
VOCINA
Chi è?
PINOCCHIO
Siamo un povero babbo e un povero figliuolo, senza pane e senza tetto.
VOCINA
Entrate.
Pinocchio e Geppetto mimano un’entrata e guardano di qua e di là,
PINOCCHIO
Il padrone di casa dov’è?
GRILLO PARLANTE
Eccomi quassù!
PINOCCHIO
Oh! mio caro Grillo, che bello vederti!
GRILLO
Ora sono il «Tuo caro Grillo»! Ma ti rammenti di quando, per cacciarmi di casa tua, mi tirasti un martello?
PINOCCHIO
Hai ragione, Grillo mio! Scaccia anche me, tira anche a me un martello: ma abbi pietà del mio povero babbo.
GRILLO
Io avrò pietà di entrambi. Ho voluto soltanto rammentarti il brutto garbo ricevuto. Per insegnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.
PINOCCHIO
Avete ragione, signor Grillo, ragione da vendere e io terrò a mente la lezione che mi avete data. Ma mi dite come avete fatto a comprarvi questa bella capanna?
GRILLO
Questa capanna mi è stata regalata ieri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.
PINOCCHIO
E la capra dov’è andata?
GRILLO
Non lo so.
PINOCCHIO
E quando ritornerà?
GRILLO
Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: «Povero Pinocchio, oramai non lo rivedrò più, il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!
PINOCCHIO
Ha detto proprio così? Dunque era lei! Era lei! La mia cara Fatina! (piange e si asciuga le lacrime)
PINOCCHIO
Un’altra preghiera, signor Grillo, sapreste dirmi dove trovare un bicchiere di latte per il mio povero babbo?
GRILLO
Tre campi distanti da qui c’è un ortolano che tiene le mucche. Vai da lui e troverai il latte che cerchi.
PINOCCHIO
Grazie signor Grillo, ci vado subito
Ci va.
ORTOLANO
Quanto ne vuoi del latte?
PINOCCHIO
Ne voglio un bicchiere pieno.
ORTOLANO
Un bicchiere di latte costa un soldo. Comincia intanto a darmi un soldo.
PINOCCHIO
Non ho nemmeno un centesimo.
ORTOLANO
Se tu non hai nemmeno un centesimo, io non ho nemmeno un dito di latte.
PINOCCHIO
Pazienza!
Fa per andarsene.
ORTOLANO
Aspetta un po’. Fra te e me ci possiamo accomodare. Vuoi adattarti a girare il bindolo?
PINOCCHIO
Che cos’è il bindolo?
ORTOLANO
È quell’ordigno di legno, che serve a tirar su l’acqua dalla cisterna per annaffiare gli ortaggi.
PINOCCHIO
Mi proverò.
ORTOLANO
Tirami su cento secchie d’acqua, e io ti darò in compenso un bicchiere di latte.
PINOCCHIO
Mi sta bene.
Pinocchio mima uno che gira una manovella.
Musichetta
Pinocchio ansima. Si vede che fa una gran fatica.
ORTOLANO
Finora questa fatica di girare il bindolo l’ho fatta fare al mio ciuchino: ma oggi quel povero animale è in fin di vita.
PINOCCHIO
Mi portate a vederlo?
ORTOLANO
Volentieri. E qui accanto
I due fanno qualche passo verso stalla dove c’è un ciuchino disteso sulla paglia, Pinocchio lo guarda attentamente.
PINOCCHIO
Ma questo ciuchino io lo conosco! Chi sei?
LUCIGNOLO
(con occhi e voce da moribondo) Sono Lu...ci...gno...lo...
PINOCCHIO
Oh! povero Lucignolo!
ORTOLANO
Ti commuovi tanto per un asino che non ti costa nulla? Che cosa dovrei far io che lo comprai a quattrini contanti?
PINOCCHIO
Ma lui è un mio amico!
ORTOLANO
Tuo amico?
PINOCCHIO
Un mio compagno di scuola!
ORTOLANO
Come sarebbe?! Tu avevi dei somari per compagni di scuola? Figuriamoci i begli studi che devi aver fatto!
PINOCCHIO
Eppure è così!
ORTOLANO
Che strana cosa, a volte, è la vita!
PINOCCHIO
(a Lucignolo) Lucignolo, amico mio, parlami. Ti prego. Parla!
ORTOLANO
Non può più risponderti. È morto.
MUSICA
De profundis
Pinocchio e Geppetto, a testa bassa si allontanano dal luogo
Buio. Poi torna una bella luce.
NARRATORE
Da quel giorno in poi, Pinocchio, continuò a levarsi ogni mattina, prima dell’alba, per andare a girare il bindolo, e guadagnare così quel bicchiere di latte, che faceva tanto bene alla salute cagionevole del suo babbo.
Si vede Pinocchio che porta su e giù un secchio
Ma non si limitò a questo. Si mise a lavorare in vari modi. E coi quattrini che ne ricavava, provvedeva a tutte le spese giornaliere, non facendo mancar di nulla il suo babbo. Nelle veglie poi della sera, si esercitava a leggere e a scrivere. Una mattina disse a suo padre:
PINOCCHIO
Vado qui al mercato vicino, a comprarmi un bel vestito nuovo. Quando tornerò mi scambierete per un gran signore.
MUSICA
di Pinocchio che cammina
Appare la Lumaca
LUMACA
Non mi riconosci?
PINOCCHIO
Mi pare e non mi pare.
LUMACA
Non ti ricordi di quella Lumaca, che stava per cameriera con la Fata dai capelli turchini?
PINOCCHIO
Si, mi rammento tutto, Ma dimmi, Lumachina bella: dove hai lasciato la mia buona Fata?
LUMACA
Pinocchio mio! La povera Fata giace in un fondo di letto allo spedale!
PINOCCHIO
Allo spedale?
LUMACA
Pur troppo! Colpita da mille dispiaceri, si è ammalata, e non ha più da comprarsi nemmeno un boccone di pane.
PINOCCHIO
Davvero? Che gran dolore mi dai! Oh! povera Fatina! Se avessi un milione, correrei a portarglielo Ma io non ho che quaranta soldi. Eccoli qui: andavo giusto a comprarmi un vestito nuovo. Prendili, Lumaca, e va’ a portarli subito alla mia buona Fata.
LUMACA
E il tuo vestito nuovo?
PINOCCHIO
Non m’importa del vestito nuovo? Venderei anche questi cenci che ho addosso, per poterla aiutare! Vai, Lumaca! E spicciati! Poi, però torna: spero di poterti dare qualche altro soldo. Finora ho lavorato per mantenere il mio babbo: da oggi in là, lavorerò cinque ore di più per mantenere anche la mia buona mamma. A presto, Lumaca.
LUMACA
A presto.
La Lumaca esce di scena. Pinocchio (Musichetta) torna a casa
GEPPETTO
E il vestito nuovo?
PINOCCHIO
Non m’è stato possibile di trovarne uno che mi tornasse bene. Pazienza! Lo comprerò un’altra volta.
NARRATORE
Quella sera Pinocchio, finalmente in pace con se stesso e con la sua coscienza, andò a letto e si addormentò
Buio. MUSICA. Pinocchio si sveglia, Ma non è più un burattino
PINOCCHIO
Che strano! Oggi mi sento un altro. Fammi guardare allo specchio. (si specchia) Oh fatina mia, questo è un altro dei tuoi miracoli: non sono più un burattino. E la capanna non è più una capanna, ma una bella casa tutta di madreperla. E il mio babbo dov’è? Oh eccoti, caro babbino. Non ci dovremo lasciare mai mai mai più per sempre!
GEPPETTO
Per sempre!
PINOCCHIO
Ma il vecchio Pinocchio di legno dove si sarà nascosto?
GEPPETTO
Eccolo là.
La luce cala, Rimane un raggio solo su un burattino di legno che giace disarticolato sul pavimento
PINOCCHIO
(guardandolo) Com’ero buffo, quand’ero un burattino! E come sono contento ora di essere dove sono.
MUSICA
Il Gloria”
Buio-
FINE
PINOCCHIO È UNA TRAGEDIA
Avendo letto Pinocchio da bambino, ed essendone rimasto dolorosamente colpito sino a piangere - mi sono convinto che Pinocchio incarna la tragedia dell’esistenza, cioè il disagio di vivere degli uomini. Pinocchio, come tutti, non sa né chi sia né da dove viene (non ha madre).
Pinocchio vive le sue esperienze, incontrando inganni, disinganni, disavventure, illusioni, imbroglioni ecc.. Insomma tutto quello che capita nella vita. In questa storia la fata turchina rappresenta Dio; quando Pinocchio la invoca ‘Fatina! Fatina mia!’ è un po’ come quando, nei momenti di difficoltà, diciamo ‘Dio mio aiutami!’.
C’è momento della vicenda in cui Pinocchio preferisce non studiare per andare a visitare il Paese dei balocchi; circostanza che può anche leggersi come un modo per spiegare ai bimbi che non studiando si finisce male; ma questa è forse l’intenzione iniziale di Carlo Collodi, io ci vedo qualcosa di più: una tragedia grande e significativa dell’avventura dell’uomo su questa terra, in questa dimensione.
Pinocchio è stato scritta nel 1881 ed è un capolavoro assoluto della letteratura italiana, certamente il più conosciuto in tutto il mondo; e la ragione è, appunto, perché si tratta di qualcosa di più della semplice favola. Quando Pinocchio e Lucignolo diventano asini, è come quando l’uomo si comporta come una bestia, anzi, per dirla tutta l’uomo è peggiore delle bestie, perché esse non hanno consapevolezza, mentre l’uomo sì, quindi se commette delle cattiverie, di queste è molto più responsabile. Qui il fatto che Pinocchio e Lucignolo divengano ciuchi sta a indicare l’uomo che degrada se stesso fino agli estremi della disumanità, quando, insomma, diviene mostro. Pinocchio riesce a riscattarsi dalla sua bestialità perché, correndo a cercare e a salvare il padre, riguadagna la sua umanità; mentre Lucignolo rimane asino e muore tra le braccia di Pinocchio dentro una pelle da asino; tutto questo non può che essere una tragedia, e non una semplice favola per i più piccoli. Anzi, ritengo che sia controindicata per i minori, li spaventa, li atterrisce. E lo so non per sentito dire: a me Pinocchio mi metteva spavento e la notte mi dava gli incubi.
Persino il lieto fine, in Pinocchio, lieto del tutto non è; anzi lo definirei decisamente drammatico: la mutazione da burattino a bambino vero, non è altro che il passaggio dalla vita alla morte o, se si preferisce, alla vita eterna.
Pinocchio muore sì burattino, ma non per diventare bimbo in carne ed ossa, bensì per farsi angelo del Paradiso, dove si ritrova con la fatina (che è il Soprannaturale) e con il padre (morto di vecchiaia), e da dove, guardando in basso la terra, vi scorge il suo cadavere: e cioè, un burattino di legno che giace disarticolato al centro della scena. In altre parole: Pinocchio riscatta la sua natura bestiale (il peccato originale?) con comportamenti virtuosi e, da burattino, si fa uomo, che, morendo, diventa spirito, e spirito eletto
La struttura favolistica del racconto è data per creare e usare quei simboli che rappresentino l’esistenza in sé, la realtà del vivere umano. E che Collodi abbia voluto dir questo o no, è irrilevante. Il fatto è che lo ha detto; ché
Io sono, per mia natura, uno scrittore che fa anche l’attore e il regista. Attività, o meglio diversità, che, tuttavia, hanno in comune la stessa materia prima: le parole; e richiedono tutte preparazione solida e cura costante. La scrittura, in specie, è la cosa più seria, più semplice e, insieme, più complicata che ci sia; più della pittura, poiché ci può essere un pittore ignorante, naif, come fu ad esempio Ligabue, che fece comunque grandi quadri; più seria anche della musica, poiché un musicista può anche essere precoce suonando il piano in maniera formidabile già a otto anni, ma si tratterebbe solo di un formidabile dono di natura.
Non ci potrà mai essere, invece, uno scrittore importante che abbia dieci anni, il che vuol dire che la scrittura prevede lunga preparazione.